Sean Chuang – I miei anni ’80 a Taiwan | add editore

È sempre il caso a farmi fare le scoperte migliori. Spesso squaderna i suoi effetti in più atti. In questo caso, sono tre

Atto primo

Metà dell’anno scorso: una newsletter alla quale non sapevo neppure di essere iscritto, letta per caso tra mille altri messaggi di solito non letti, mi annuncia l’uscita di questo volume a fumetti.

Io non leggo fumetti, ma qualcosa mi spinge a leggere il testo della mail. Sarà il titolo? Saranno gli anno ’80? 

La mail presenta il volume in modo completo, con diversi disegni tratti dal volume. E mi si fissa nella mente. Ammetto una certa debolezza, una sensibilità un po’ sospetta riguardo al tema nostalgico, degli anni della propria infanzia. Più precisamente degli anni ’80: quelli della mia infanzia, la prima infanzia. Anni che per quanto fossi piccolo ricordo più che per gli episodi, per la sensazione di semplicità di immediatezza, di ben accetta provvisorietà ed improvvisazione. Di serenità e spensieratezza. Avevo pochi anni, le elementari, poi le medie. Anche se ho vissuto in una serena reclusione quegli anni, ricordo il mondo esterno vibrare di una assolata positività.

Sono immagini, sono scorci di una via, con il traffico delle macchine che oggi più non si ricordano: le Ascona, le Taunus, le 128, lo sciamare dei motorini senza casco.

Immagini che ho sempre portato dentro, con la sofferenza di faticare a fissarle in qualche modo.

E di colpo, inciampo in Sean Chuang, che dall’altra parte del mondo ha vissuto un’infanzia non simile, ma che gli ha lasciato forse le stesse impressioni. Lui più grande e consapevole, più selvaggia la sua vita, segnata dalla storia del suo paese.

Atto Secondo

Un pomeriggio, al lavoro, Twitter mi fa scoprire che alla Libreria Marco Polo di Venezia – che già di per sé è una storia da raccontare, quella di Flavio e dei suoi amici librai – c’è Sean Chuang, che presenta il libro e firma le copie.

Un altro colpo di fulmine, è il segno che aspettavo per convincermi a prendere quel volume. Lo prenoto, ne prenoto una copia firmata rispondendo ad un tweet della Marco Polo.

Atto Terzo

Copia che poi resta lì da loro, per settimane, scavalla il passaggio da un anno a quello nuovo. Fino ad ina pausa pranzo che dovrei passare al Tronchetto, nell’attesa di un incontro di lavoro. Scendo della macchina e mi avvio, pedibus calcantibus.

Entro e li trovo così, nel bel mezzo del loro desinare, tra i libri e un sottile profumo di frittura fresca.

Accolto come un amico – Flavio non c’è, me lo saluteranno loro.

Mi porto a casa il mio volume, lo leggo d’un fiato a letto. e ritrovo quello che mi aspettavo. Non sono i miei anni ’80, ma hanno lo stesso profumo, quello di armadio chiuso da troppo tempo, ma che quando apri, ti pare di avere appena chiuso, di avergli appena lasciato dentro qualcosa e poi voltato le spalle.

Impagabile.

I miei anni ’80 a Taiwan è una nostalgica storia di formazione che racconta con sguardo cinematografico gli anni Ottanta, i suoi culti e manie come Bruce Lee, Mazinga e i robottoni giapponesi, la breakdance, senza tralasciare i forti condizionamenti della politica e delle restrizioni alla libertà imposte dalla legge marziale.

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