Sergio D’Elia

Ho appena letto la lettera di Sergio D’Elia ai Deputati. Lettera che cerca di rispondere alle polemiche sorte dopo – se non erro – la sua elezione a segretario alla presidenza di Montecitorio.
Leggetela bene, questa sua lettera. Pare sincera, un po’ retorica, cerca di suscitare anche un poco di pietà. È già interessante il fatto che il nostro racconti abbastanza dettagliatamente la vicenda che lo ha portato per dodici anni dodici (ma avrebbero dovuto essere trenta) in carcere. Il nostro è stato un terrorista, implicato (e per questo è finito in galera) nell’evasione che ha portato all’uccisione di un agente.
Anche se, a leggere bene la sua lettera, sembra che all’epoca essere terrorista fosse una scelta quasi obbligata, niente a che vedere con i folli screanzati assassini di oggi, che per farli fuori bisogna lanciare missili sulle loro case. Come se all’epoca o uno era secchione oppure terrorista; ricco oppure terrorista; operaio oppure terrorista.
Il nostro dichiara di essere stato un violento: di avere scelto la strada della violenza anziché quella non-violenta. Il nostro dice di essere stato mosso dall’odio, quella la sua forza.
Poi, figliol prodigo, si è redento tra le braccia paterne e sagge di tal marco pannella, oggi ormai dedito a digiuni prolungati, che tuttavia non gli impediscono di aggrapparsi con forza inusitata allo scranno che gli hanno tolto da sotto il pregiato sedere.

E quindi, pentito contrito e redento, il nostro sostiene che non è giusto pensare a lui come al terrorista violento, assassino mancato per puro caso (è lui stesso che lo sostiene) che era trenta anni fa.
Oggi lui è il benefattore che ha fondato la più illustre associazione per l’abolizione della pena di morte; ergo la sua nomina è giusta e sacrosanta, e guai a chi lo schioda.

Ora.
Sarà anche stato sincero.
Si sarà anche pentito di quelle malefatte. Peccati di gioventù.
Bene. Continui a fare del bene con la sua associazione benemerita.
Ma perch̩ deve anche pretendere di essere rappresentativo del popolo italiano, di quelle persone che trenta anni fa non erano terroristi, che magari erano poliziotti, che magari hanno avuto un parente ucciso Рpuro caso Рda un terrorista.
Beppe Grillo, dal suo blog, si è sempre scagliato contro i parlamentari condannati in via definitiva. Giusto. Oggi come oggi, all’indomani delle nuove elezioni, non so come sia la situazione.
Ma vediamo di prendere ua buona strada, e gente come il nostro, lasciamolo fare del bene al di fuori delle Istituzioni, fuori dallo Stato che così violentemente e consapevolemente trenta anni fa ha cercato di rovesciare.
Gente con la sua levatura morale ne troviamo ad ogni angolo, ogni giorno. Gente che – mi correggo – ha una levatura morale ben più elevata. E non ha un passato ignobile come il nostro.
Io non mi sento rappresentato dal nostro, e non voglio che ricopra quella carica.