Morte a 30 giorni

Ecco confermata la sentenza.
Ecco persa un’occasione.
Non si tratta di difendere Saddam, o nascondersi il fatto che sia uno dei maggiori farabutti degli ultimi anni.
Si tratta semplicemente di pensare un’attimo un pensiero nuovo. Fermarsi, e inventarsi un finale nuovo ad una storia già vista.
La storia dei vincitori, che arrivati dopo anni di repressione al potere, imparano ben presto a comportarsi come gli aguzzini che furono prima di loro.
Tanto più che in questa storia, c’è ben poco della guerra civile, del colpo di stato, della liberazione da un regime tirannico.
Sono gli Stati Uniti che hanno cominciato una guerra, che l’hanno portata a termine pur essendo evidente che il casus belli non esisteva, in effetti. Che più o meno possono credersi vincitori.
Un popolo straniero, il popolo che si picca di essere bandiera di democrazia e di civiltà non può ora assumersi questa responsabilità.
Oggi questa condanna è un errore.
Avrei potuto capire una esecuzione sommaria, appena catturato il tiranno. Come fu in Romania.
Certo non si tratta in ogni caso di esempi assoluti di civiltà.
Questa condanna è troppo razionale, è vergognosamente meditata.
Il mondo occidentale perde una evidente occasione di dimostrare la tanto gridata propria superiorità morale.
Qui non si tratta di dimostrarsi superiori a qualcuno. Si tratta di dimostrare una vera forza, una vera forza morale. Assoluta.
Saddam merita il carcere a vita.
Ma non ci si può macchiare del suo sangue.
Certo, lui ha portato morte, ha sparso sangue innocente. Ma non è la cieca vendetta che porterà pace nell’animo delle vittime.
Corriere della Sera
Repubblica.it