Ed ora?

Siamo più sicuri?
Hanno sventato un altro attentato, hanno interrotto la trama di un ennesimo gruppo di aspiranti kamikaze, pronti a far saltare le basi della nostra sicurezza, della percezione della nostra sicurezza.
Bel lavoro, di intelligence, si usa dire.
Ma ora, siamo forse più sicuri?
Non credo, qualcosa mi dice che quei venti uomini arrestati sono già stati rimpiazzati da altrettanti fanatici.

Di fronte a questo episodio, in cui le persone comuni, ignari passeggeri d’aereo, sono state messe in serio pericolo ancora una volta, bisogna fermarsi e riflettere.
È evidente che la strada che si sta percorrendo contro il terrrorismo è sbagliata, è un rimedio che per un effetto positivo momentaneo, ne procura altrettanti negativi di maggiore portata.
Bisogna fermarsi, considerare che si è su un percorso sbagliato, e riflettere su cosa fare ora.
Nulla ci impedisce di ripensare da capo, ripensare completamente la risposta da dare agli attacchi che stiamo subendo. Possiamo finalmente decidere di combattere non le forme esteriori del terrorismo, ma le sue radici profonde.
Non sarà facile, è un pensiero che ci costringerà a ripensare tutta la nostra esistenza, ma forse è anche l’occasione per intraprendere una strada nuova, non solo per la politica estera mondiale, ma per tutta la vita dell’umanità.

Se il problema portante è l’ingerenza dell’occidente nei paesi meddio-orientali, ingerenza legata alla presenza del petrolio cammuffata da volontà di pacificare, allora davvero diventa vitale e indispensabile ripensare la nostra società dimenticandoci anzitempo del petrolio e andando alla massiccia ricerca di fonti energetiche alternative.
Non più dipendenti dal petrolio potremo lasciare i paesi medio-orientali liberi da occupazioni che loro sentono invasive e umilianti. Saranno allora liberi di autodeterminare la loro esistenza. Solo allora ci si potrà confrontare seriamente e serenamente per ceracre di raggiungere una vera pace per tutta l’area. Solo allora potrà svanire l’odio antioccidentale che si sta innestando non solo nelle classi politiche, ma in ogni uomo di quella cultura.

Per fare tutto questo è necessario che la classe al potere oggi sia spinta verso il cambiamento dalla pressione costante e ingente del popolo.

Il più forte sa fare ancche un passo indietro.