Nepal#8 – Unificate le reti
Ouverture
La realtà in cui viviamo è complessa. Capirla è un complicato esercizio, spesso senza alcun risultato. Ma non per questo un esercizio inutile.
Tentare di capirla è un compito importante per molti. Un dovere, per qualcuno.
Alcuni credono di averne fatto una professione, e sono i giornalisti.
Noi tuttavia non chiediamo loro di capire al posto nostro. Non chiediamo tanto. Ci basterebbe che osservassero e riferissero le loro osservazioni.
Non è un compito da poco. Significa dare esistenza ai fatti all’interno dei media; che è come dire farli esistere agli occhi del mondo.
Perché oggi il Nepal non esiste?
Il problema è che chi osserva e riporta è inserito nel contesto del mercato dell’informazione, delle notizie.
In Nepal le notizie ci sono. Solo che valgono poco. Molto poco.
Eppure la gente lotta ugualmente. muore lo stesso: come in Iraq, Palestina, Israele, Cecenia, e in troppi altri posti.
Come sotto casa nostra.
Tocca anche noi dare valore a queste notizie. A noi che vogliamo capire la complessità del mondo. È il nostro interesse, la nostra attenzione che può far trovare ai morti del Nepal la luce agli occhi del mondo.
E sotto questa luce, le cose in Nepal un giorno potrebbero cambiare.
Nepal
“Giornalisti e osservatori internazionali hanno più volte sottolineato come le notizie diffuse siano spesso frammentarie e incomplete e, da diversi mesi ormai, l’informazione relativa alla situazione nepalese sia fortemente limitata”. (Paolo Tosatti, da WarNews)
Il Nepal, in questo momento, è un punto interrogativo più grande e misterioso degli altri. Proviamo a fare un po’ più di chiarezza, almeno.
Confinante con due giganti, India e Cina, e situato intorno ai 1400 metri d’altezza -veramente sottoterra se si pensa agli 8000 metri che si vedono in lontananza tra nuvole e neve- c’è il Nepal, stato nato politicamente nel 1768, grazie alla dinastia Shah, a cui appartiene anche l’attuale regnante, e al Re Narayan. Nel 1900 però il paese ha subito decenni di dittatura con la famiglia Rana al governo, protetta da un Re fantoccio. Nel 1947 nasce il Nepal Congress Party. Nel 1955 Mahendra indice le prime elezioni, ma abolisce il sistema partitico in favore del Panchay At , le assemblee locali. Con il referendum del 1981: il malcontento è tanto, eppure, per poco, il popolo si schiera in favore delle assemblee.
Il 1990 è l’anno della svolta. In un clima di aperta rivolta il Re dichiara decaduto il vecchio sistema e si proclama sovrano costituzionale. Una serie di governi di coalizione si susseguono al governo, ma senza un preciso indirizzo politico. Si arriva al 1996, l’anno della svolta definitiva. I maoisti, organizzazione politica e militare fondata nel 1994 e condotta da Pushpa Kamal Dahal, anche noto come Prachanda, lanciano quella che viene chiamata “Guerra del Popolo nepalese”. E’ il 13 febbraio. In poco tempo si attivano in tutto il territorio, con il compito di rovesciare la monarchia e di “instaurare una sorta di governo alternativo locale. Fatti fuggire o eliminati i rappresentanti del governo ufficiale, dirigono le amministrazioni e gestiscono la cosa pubblica cercando di convincere la popolazione che possono fare meglio e di più” (Francesca Quaggetto, da War News). Per convincere il popolo nepalese i maoisti usano la forza, così a violenza subentra violenza, ad ingiustizia altra ingiustizia e a una dittatura una nuova dittatura. Tutto cambia perché nulla cambi, e diverso è solo il nome e il titolo onorifico, ma nulla più: da Re a comandante, da Gyanendra a Prachanda. Del secondo si è detto. Del primo non tutto si può dire. Nel 2001 il principe Dipendra uccide tutti, padre, madre, se stesso,in un momento di follia . Il successore di Birendra è suo cugino, Gyanendra appunto, i cui nemici sussurrano essere coinvolto nella strage, visto il caso strano che a corte gli unici a salvarsi dal principesco raptus di follia sono stati lui, sua moglie e suo figlio.
Tutto precipita il 1 febbraio 2005, poco più di un anno fa. Il Re licenzia il parlamento, scioglie il governo e accentra su di sé il potere esecutivo, nominando ministri persone da lui direttamente scelte. La tregua unilaterale di tre mesi, voluta dai maoisti nel settembre dello scorso anno, è fallita senza alcun successo. C’è stato giusto il tempo di riarmare e riposare le truppe e tornare più combattivi che mai. Perché ora ci sono le elezioni amministrative. Le ha fortemente volute il Re. I maoisti, invece, non sono d’accordo e hanno minacciato di attentare alla vita di chi oserà candidarsi alle elezioni. Il risultato è che su 4146 seggi, mille risultano vacanti e seicento sono i candidati che si sono ritirati.
Nel duro gioco della realtà , a volte, si sente il bisogno d’essere morbidi: i sette partiti maggiori hanno deciso di allearsi con i ribelli e di boicottare il Re. I candidati di conseguenza sono tutti monarchici e finti politici. Inoltre, vista l’assenza di avversari, basta candidarsi per vincere.
In piazza la gente si muove, le scuole e le università sono in agitazione, la polizia è costretta a lavorare sodo e le carceri si sono riempite e svuotate come un’immensa cassa toracica, fatta di vita, di protesta, e della confusione, naturale, delle nostre menti ragionevoli di pragmatici uomini occidentali senza qualcuno con cui schierarsi.
Volendo analizzare e vagamente razionalizzare la situazione partiamo da due dati di fatto:
– il Re ha comportamenti dittatoriali. Nel 2004 il Nepal è stato il primo paese al mondo per numero di desaparecidos (116). Nel 2003 il primo per arresti di giornalisti. La libertà è seriamente compromessa, i giornalisti costretti al silenzio, i diritti più elementari violati. I conti dello stato sono in rosso, gli aiuti umanitari dirottati alla voce “spese militari”.
– i maoisti si lavano la bocca con la parola democrazia ma, ahimè, non ne hanno capito bene il senso. In giro seminano terrore, uccidono, chiedono alla povera gente di contribuire economicamente alla rivoluzione. Insomma: vanno casa per casa e derubano. Con chi possono tentano di spillare 200.000 rupie, consapevoli che male che vada ne portano a casa 20.000 (circa 300 dollari). Alla fine lasciano una bella ricevuta, perchè in fondo sono gentili, e chi ha pagato una volta non paga più. Non fosse che la ricevuta è meglio ingoiarla o, a seconda delle preferenze alimentari, bruciarla perchè se la trova l’esercito, il corpo del malcapitato non se la passerebbe proprio benone. I nepalesi sono ormai l’incudine tra due martelli.
Epilogo
Il Nepal è una realtà complessa, ma forse meno di quanto sembri. Il Nepal è un mondo in cui gli occhi puri della gente sono ancora in grado di vedere Buddha, un bimbo che da sei mesi, in un albero, non mangia e non beve, e di vivere della magia d’uno sciamano. Lo sky-line del Nepal ha la forma irregolare e perfetta dell’Himalaya e dei templi, vicino eppure così lontano dai grattacieli cinesi e dai computer indiani. E’ un luogo talmente diverso che l’occidente non vi ha trovato utilità alcuna, e l’ha lasciato intatto agli occhi.
E’ sul cuore però che sta lavorando, corrompendo per armi e per soldi lo spirito magico d’una nazione.
E’ una realtà tanto complessa da poter essere così schematizzata così : un buono, un cattivo, una vittima: il Re e i maoisti, e viceversa. Solo la vittima è sempre la stessa: un popolo dilaniato da ideologie e mezzi che nulla hanno a che fare con la loro diversità : con elicotteri americani e comunismo di Mao. Proprio loro che, qua e là , vivono condividendo tutto, senza bisogno di Mao e dei suoi nipotini a fare da insegnanti.
Ed è aberrante, tragico, vomitevole, o quanto meno buffo, che un occidente presunto paladino della democrazia, desista dal suo tentativo di democratizzazione quando non vede interessi da difendere, ma solo una realtà su cui agire delicatamente, con discrezione ed intelligenza. Con la mente volta ad un altro mondo. Un luogo per politici raffinati. E non lo dico con la spocchia di chi è sicuro. Ma col dubbio, amaro, di chi guarda la realtà e non riesce ad evitare di trarre conclusioni ovvie. Con l’ingenua speranza di essere in errore.
A quanto pare tra i valori relativi abbiamo deciso di aggiungerci l’informazione ed il buon giornalismo. Il Sudan, , la Colombia, la Somalia, la Costa d’Avorio, l’Uganda, il Nepal, sono realtà praticamente sconosciute. Lì la gente muore esattamente come in Iraq e in Palestina-Israele, ma con meno visibilità , colpita da bombe, proiettili e povertà . Il cuore si ferma per tutti allo stesso modo. A volte smette nell’istante preciso in cui gli occhi si spalancano stupefatti dalla sorpresa amara di un mondo assurdo.
Come si sceglie su cosa informare? Perché manipolano così sciaguratamente la nostra agenda informativa?
Blogs for Nepal
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