Due frasi ed un pensiero

Perdonami, Andrea, se riemergo dal silenzio e butto il sasso nello stagno. Davvero mi manca il tempo, il più delle volte, per star dietro alle riflessioni che proponi. Però, ti assicuro, leggo e penso.

L’altro giorno trovo queste due dichiarazioni lasciate lì senza commento alcuno. Davvero volevo capire il senso del tuo riportarle, anche se immaginavo da parte tua una presa di distanza.

Ti avviso: anche se si tratta di questioni importanti e non transitorie, quella che butto nel mucchio è solo la mia opinione, per quanto radicata. Non intendo venderla a nessuno, né nessuno convincere.

In entrambi i casi, eutanasia ed unioni omossessuali, si tratta di questioni di principio. Non esiste un punto di incontro tra opposte posizioni a livello “pratico”. La posizione favorevole e quella contraria si irraggiano entrambe da principi più alti che non trovano – a mio parere – nessun territorio comune.
Per questo possiamo passare giorni interi a discuterne, ma rimarremo sempre abbarbicati ciascuno vicino ai suoi principi.
Unioni gay: ti dirò che per me sono aberranti (ed è inutile che mi metto qui a cercare parole più gentili, ché tanto il concetto non cambia). Poi si entra nel personale, nelle storie personali, e posso capire che una coppia gay possa voler un quadro legislativo per vedere riconosciuti dei diritti. Penso alla succesione dei beni, a tutele per il coniuge, alla pensione di reversibilità  e cose simili.
Tu affermi che lo stato deve riconoscere diritti. Che cosa vuol dire? Lo stato già  lo fa. Quello che forse intendi è che tutti devono godere degli stessi diritti. Ma un diritto si gode in base a determinate condizioni. Un diritto è riconosciuto laddove ci siano dei presupposti. Io per esempio non godo in Italia dello status di rifugiato politico, e quindi non mi vedo riconosciuti queri diritti. Oppure, se non ho la maggiore età  non ho diritto di voto. Perché? Perché la legge che stabilisce questi diritti si fonda su valori, su principi che così hanno stabilito.

Sono fermamente contrario alla adozione da parte di coppie omosessuali, e nulla potrà  farmi cambiare idea. Ci ho pensato su, mi sono confrontato di recente con una ragazza su questo argomento. E per me non regge l’argomentazione che fa riferimento agli insuccessi educativi, ai danni permanenti che coppie etero possono aver cagionato nei propri figli. Non regge perché vuole confrontare un quadro generale (tutte le coppie gay che volessero adottare) con dei casi particolari (le coppie educativamente patogene). Non regge perché va ad ignorare il perno intorno a cui tutto il discorso ruota: un principio, un valore fondante.
Credo che l’uomo stia scordando sempre più la propria esistenza all’interno della Natura. In preda a mania di onnipotenza piega tutto al suo volere, al suo capriccio. Impone delle regole del tutto culturali, andando a sovrascriverle su altre di ordine nautrale. Scommettiamo: se io ti parlassi dell’onnipotenza tracotante dell’uomo ponendoti esempi di come stia distruggendo la natura per fini del tutto materiali, per il profitto, per il potere; bene, sono convinto che mi daresti ragione, e ti porresti anche tu in una posizione critica nei confronti di questo delirio umano.
Se invece parliamo dell’autodeterminazione dell’uomo sui suoi comportamenti più intimi, sulla affettività , sulla sessualità , sulla morte, ecco che invece questo delirio non diventa tanto brutto, anzi! Affascinante! Immense cose ha fatto l’uomo! Ha sovvertito la natura e l’ha piegata al proprio volere.

Credo che ormai sia chiaro: dietro a tutto ci sono dei valori, e ciascuno vuole imporre i propri.
È scomodo da dire, ma i valori sono, oltre che una bella cosa con cui riempirsi la bocca, sono anche dei paletti, ci pongono dei limiti. Scomodi alle volte. Ma se condividi il valore di base, la prescrizione susseguente la accetti.
Un esempio banale? Se credi nell’amicizia e ci credi fermamente, passi sopra ai sacrifici che magari ti tocca sopportare per aiutare un amico, per rispettarlo. Chi lo sa, magari passare sopra questi principi, tradire un amico, ti porterebbe un vantaggio, un guadagno, la tua gioia. Eppure accetti il sacrificio, perché credi nel valore.

C’è qualcuno in questo paese che si riconosce in quell’insieme di valori che passa sotto il nome di Cristianesimo Cattolico (anche se ovviamente il Cattolicesimo è molto altro). Ecco, queste persone si riconoscono in un valore che chiamano vita, e per come lo intendono loro, non è dato che questa vita sia fatta di famiglie omosessuali, oppure di persone che si danno volontariamente la morte.
Puoi condividere o meno questi valori. Libero di farlo.
In base a questo non vedo perché uno che sostiene che le coppie gay non debbano essere parificate alle famiglie, debba essere bollato come omosessuale latente. Anche perché e perdonami se ti punzecchio – non mi pare carino offendere uno dandogli del gay, se poi vuoi difendere i gay e i loro diritti.

Lo stato? Parlare di stato è un gran casino: c’è di mezzo il territorio, la storia di millenni, quello strano affare fatto di compromessi che si chiama politica. Uno stato si trova a dover “gestire” i valori di milioni di persone. Si è inventata quella strana cosa chiamata democrazia, il voto a maggioranza, per cercare di far funzionare le cose. Assai fallibile, come meccanismo, ma di difficile perfezionamento.
È difficile da mandare giù che lo stato sposi un universo di valori anziché un altro. Ma è frutto di questo meccanismo.
Quindi lo stato deve porre dei valori, il che significa porre dei limiti. Non è pensabile che ci possa essere un riconoscimento di tutti i valori: sarebbe la totale anarchia, perché dovrebbero trovare riconoscimento lecito anche istanze del tutto incivili, asociali. E sarebbe il caos.