Croci e buddha sulle montagne
Sul Gazzettino di ieri (4 maggio 2006) ho letto un breve articolo su una rassegna cinematografica che si è svolta in questi giorni a Trento.
Veniva citato un cortometraggio di Gianluca Maspes, dal titolo “Un buddha su Badile”.
L’articolo diceva che la tesi del film era che in una società multietnica non ha più senso che in vetta alle montagne o sugli alpeggi ci siano le croci. L’autore del film proporrebbe di togliere e di sostutuirle con dei buddha.
Con tutto il rispetto dovuto per le altre religioni, trovo questa “tesi” (prendendola per veritiera: mi baso solo su quanto riferito dal gionale, il quale a sua volta si domandava se non fosse una goliardata) abbastanza assurda e un po’ modaiola.
C’è un legame stretto tra un territorio e la nazione (la gente di una nazionalità ) che vi abita. È un legame così forte che ha cambiato la storia dei due secoli passati.
La nazione italiana in ogni caso ha un forte legame con la religione cattolica, col Cristianesimo. Normale quindi che anche il nostro territorio, le nostre montagne possano portare un segno di questo legame. C’è una storia dietro quelle croci, c’è la storia delle persone che vivendo all’ombra di quelle cime ha voluto apporre un segno di una protezione sperata ed invocata.
Le nostre montagne col buddhismo non centrano niente.
E non voglio sentire che quelle croci danno fastidio. Sarebbe una balla gigantesca. La loro presenza non offende nessuno.
Perché dovremmo sostituirle con un altro simbolo religioso solo per una moda? Perché invece non impariamo a conoscere gli aspetti mistici più profondi della nostra religione: magari scopriremmo che quegli aspetti che tanto attirano del buddhismo sono propri anche del Cristianesimo.
Il crocifisso non offende nessuno, giusto.
Tutti hanno diritto al proprio simbolo religioso: in tribunale, negli ospedali, nelle scuole. Quindi si potrebbe pensare ad un angolo dedicato ai culti: ammetto di godere della suggestione di questo piccolo altare multireligioso, in cui si mescolano meravigliosamente croci, buddha, mezze lune, candelabri…
La mia idea, così a brucia pelo, è: o tutti o nessuno.
Però, pragmaticamente il territorio è effettivamente strettamente legato alla sua nazione. E dunque, in virtù anche di una destatalizzazione spesso necessaria, sarebbe giusto lasciare la parola alle comunità locali: un po’ utopica, forse, un po’ rousseauniana anche, però che siano in pochi a decidere, l’unità più piccola e non lo stato è un’idea affascinante.
Via tutti i simboli religiosi: ripartire da zero: chi li vuole li appende. Questo permetterebbe, inoltre e finalmente, di smetterla con questa che, secondo me, è una semplice ed orribile umiliazione subita dal povero Gesù Cristo: simbolo ovunque, ma nel cuore di pochi. Togliendoli, e rimettendoli su richiesta dei cittadini ce ne sarebbero di meno..ma varrebbero di più.
Ti dirò: apprezzo e comprendo la tua posizione/proposta.
Ma non riesco a condividerla.
Mi pare troppo politicamente corretta. E ultimamente il politically correct è un qualcosa che non amo. Perché è un pensiero debole, troppo debole.
La Nazione, di cui lo Stato dovrebbe essere un espressione “operativa”, deve essere una entità forte, e forte può essere la dimostrazione dei suoi valori. Nella Nazione italiana il Cristianesimo è un valore fondante forte, questo credo che sia fuor di dubbio.
E quindi perché, in virtù del politicamente corretto, abbandonare l’esposizione di un simbolo che ci rappresenta? Prendiamoci la responsabilità di una scelta forte: difendiamo i nostri simboli. Sono simboli che fanno parte della nostra identità storica. Abbandonarli significa perdere piano piano se stessi e la propria identità .
Poi è certo che laddove ci sia il desiderio di avere anche altri simboli, questi debbano essere rispettati ed esposti dove richiesto.
D’accordo quindi sulla tua ultima frase: laddove ce ne fosse richiesta, ovvia l’esposizione di altri simboli religiosi. Lontanissimi, quindi e per fortuna, dalla laicizzazione alla francese: un taglio inutile, che soffoca il bisogno al trascendente dell’uomo in modo grossolano e di dubbia utilità . Quello è si, a mio avviso, il trionfo del politilly correct. Un politically correct tanto estremo da ridicolizzarsi, certo, ma la via mi sembra quella.
Discostiamo su un punto. Puramente formale. Nella sostanza appoggiamo entrambi l’esposizione del Cristo, congiunta laddove ce ne fosse richiesta ad altri simboli.
Nella forma sento però di dovermi opporre: la storia dice chiaramente quanto sia stato importante il cristianesimo per l’Italia. Ma credo di far parte di questa nazione. E dunque ho parola in merito: il crocifisso non mi rappresenta. Questo voglio sottolinearlo. Non chiederò mai la sua rimozione perchè concretamente non mi offende e non mi costa alcuna fatica sopportarne la vista per permetterla agli altri. Ma non mi rappresenta.
P.S. sono discorsi piuttosto riduttivi. Chi scrive ha una maglietta rossa rossa, col bel volto di cristo e la scritta “questo è il vero rivoluzionario” appositamente commissionata. La mia ammirazione è profonda e mai abbastanza espressa. Ma è giusto esporre un simbolo a nome di tutti? O giusto è piuttosto consentire a tutti l’esposizione senza prese di posizione del laico stato italiano?